Rock Rose, fiori di Bach

Uno dei modi migliori per comprendere i rimedi di Bach è osservare i fiori utilizzati nel loro habitat ed entrarvi in contatto
E’ il 15 giugno 2006. Sono qui, in una giornata calda e assoluta mente serena, con la ciotola d’acqua di fonte in cui sono immersi i gialli fiori splendenti del Rock Rose, e con il mio cane, che aspetta pazientemente insieme a me. Qui, in una radura ai piedi del monte Velino, Rock Rose predilige i terreni secchi e calcarei, nella Marsica.
Qualche nevaio ancora occhieggia da lassù, si sente il suono dei campanacci delle mucche al pascolo poco lontano, e si è alzato un leggero vento che muove le fronde delle roverelle e dei noccioli, appena appena i ginepri e anche in basso gli stessi eliantemi.
Dopo aver sistemato la ciotola, come altre volte scatto una foto e mi procuro ancora un po’ di materiale per l’erbario dei fiori di Bach che sto preparando da qualche tempo, ulteriore occasione per osservare da vicino la piccola pianta strisciante di Helianthemum nummularium, poi mi siedo appoggiata a una piccola quercia.
Guardo la ciotola esposta al sole a qualche metro da me e quello che ho intorno. Sono esposta anch’io all’onda d’oro emanata dai fiori del Rock Rose, ed è tutto così calmo, tranquillo, non c’è tensione alcuna. Tutto sembra essere come deve essere, e fluisce, scorre. Non c’è nessuna paura. Sono qui, immersa nella Grande Madre, nella luce del Sole, nella vita, e non c’è nulla da temere.
Bach divulgava le sue scoperte, metteva a disposizione di tutti le sue conoscenze e il metodo per produrre i rimedi, che descriveva con semplicità, perché credeva che ognuno potesse farlo da sé.
Essere qui oggi mi conferma che cercare i rimedi in Natura, conoscere le piante da cui provengono, preparare i rimedi per il proprio uso è un’esperienza ogni volta di bellezza, di forza, di comprensione profonda. Alcune sensazioni, come questa, sono comuni alla preparazione di ogni rimedio, nella mia esperienza.
Ma ogni volta accade anche qualcosa che mi sembra essere in relazione proprio con lo stato emotivo espresso da quel particolare fiore. Questa mattina, andando a prendere l’acqua alla fonte prima di raggiungere questa radura, ho fatto un incontro con la morte: un piccolo gatto investito, ancora in mezzo alla strada. “E se fosse ancora vivo?” Sono tornata indietro, pronta a rinunciare a Rock Rose per occuparmi di lui, ma era già morto, con i giovani occhi rimasti spalancati… l’ho toccato, l’ho spostato dalla strada, l’ho accarezzato per dargli un conforto forse inutile. Ho avvertito il terrore, in quella rigidità e in quel freddo. Certo, prima di morire deve aver vissuto una grande paura per essere stato investito. Il terrore paralizzante di Rock Rose. Gli occhi quasi sbarrati, il volto teso, una certa rigidità nell’espressione, nel corpo e nel movimento, e insieme un aspetto di grande fragilità, che non chiede altro che tornare a essere come prima, quando non aveva paura. E si indovina nella sua figura una luce che non può risplendere. Rock Rose!
L’avete visto il suo colore dorato, il suo giallo splendore, i suoi petali stropicciati, ma gli stami puntati verso il sole con forza, determinazione e coraggio dal centro del suo essere? Che meraviglia! Come tutto torna a essere vivo, morbido, flessibile!
Sì, credo proprio sia utile che ogni floriterapeuta sperimenti, prima o poi nella vita, il piacere di conoscere la pianta e il fiore da cui si ottiene il rimedio, credo sia un tributo da offrire al metodo, ai propri pazienti e a Bach, credo sia un dolce festeggiare la Natura e i suoi doni..
Maria Nicoletta Bucchicchio
Erborista e floriterapeuta