Una strategia a misura di pressione
Pur riconoscendo che l’eccesso del colesterolo e dei trigliceridi, imputabile alla sovralimentazione, ha la sua parte di responsabilità nell’insorgenza di una malattia circolatoria, sia a carico del cuore sia a carico del cervello, è innegabile che il pericolo pubblico numero uno per la circolazione è la pressione alta, pur dovendo attribuire anche ad altri fattori di rischio, come lo stress e il fumo, un ruolo non secondario.
Che la pressione sia un rischio di prima grandezza lo dicono le statistiche.
Tale è anche perché non sempre dà segno di sé; se lo dà, non sempre viene messo sotto controllo con contromisure igieniche o farmacologiche. Anche quando viene raccomandata una disciplina di vita o quando viene prescritto un antiipertensivo, non sempre il medico viene seguito nelle linee-guida che suggerisce. Morale: l’iperteso rimane tale e continua a vivere senza sapere di avere addosso un congegno a orologeria che può esplodere da un momento all’altro.
Come spiegare questa condotta scriteriata? Molto semplicemente con il fatto che l’individuo con la pressione alta, in linea di massima non ha nessun disturbo, si sente in piena forma e non sempre si rende conto del pericolo e della necessità di correre ai ripari con qualche piccolo sacrificio rispetto al ritmo delle sue abitudini e con la costanza di eseguire le cure prescritte.
Quando poi si accorge che il farmaco per abbassare la pressione lo fa sentire un tantino debole, con la testa vuota, con un’efficienza fisica che non è più quella di prima, non sa resistere alla tentazione di abbandonare il farmaco.
A quel punto anche le altre prescrizioni rischiano una per una di cadere nel vuoto. La principale è la limitazione del sale: neppure questa è una privazione indolore, perché mangiare insipido rende sgradevoli tutti i piatti e per abituarsi occorrono molto tempo e molta costanza.
Viceversa, l’iperteso di fronte al sale dovrebbe comportarsi con la stessa fermezza del diabetico davanti allo zucchero. Va riconosciuto, tuttavia, che rinunciare al sapore salato a volte è più difficile che dire addio ai dolci.
D’altra parte non ha senso ingannare il medico assicurando il rispetto delle sue raccomandazioni se queste poi vengono disattese: significa soltanto ingannare se stessi.
Se proprio è così difficile farcela di colpo, perché non cominciare per gradi, ossia intraprendere una lenta marcia di avvicinamento all’alimentazione insipida?
Si potrà anche provare, almeno nei primi tempi, con i sostituti del sale che si trovano in farmacia.
Ma la prima regola da adottare consiste nell’allontanare da tavola il sale imponendosi di non aggiungerne mai né all’insalata né alla patatine fritte.
Seconda regola è quella di escludere definitivamente alcuni alimenti salati come: salse, insaccati, salatini, olive, filetti di pesce, mostarda, patatine, pop-corn, formaggi.
L’alcol, invece, è esente da colpe. Il vino a tavola, usato con moderazione, non è controindicato per la pressione.
La birra, invece, se bevuta in abbondanza fa salire la pressione.
Quanto all’attività fisica, è forse il punto più difficile da mettere in atto, dato che viviamo tutti, quasi senza eccezioni, una vita inguaribilmente sedentaria. Si tratta, allora, di organizzarsi mentalmente come segue:
1) una passeggiata a piedi allungando il tragitto se si va per compere o si deve fare una commissione;
2) in casa o al supermercato salire e scendere le scale a piedi;
3) se si va a trovare un amico o un conoscente, percorrere sempre il tragitto più lungo sia all’andata sia al ritorno;
4) se si prendono tram e bus, scendere una o due fermate prima e percorrere di buon passo il resto del cammino fino alla meta;
5) se si usa l’automobile, abituarsi a parcheggiare sempre a una certa distanza dalla propria abitazione;
6) non acquistare mai i giornali all’edicola più vicina ma abituarsi a raggiungerne una che imponga un certo tragitto a piedi;
7) sui mezzi pubblici stare in piedi;
8) tutte le mattine scendere a piedi per aprire la cassetta della posta e risalire ogni volta senza prendere l’ascensore.
I due ultimi punti nella strategia contro la pressione alta riguardano rispettivamente l’autodifesa dagli stress e l’abbandono dell’abitudine di fumare. Il fumo che più disturba l’iperteso perché esercita azione tossica sui vasi sanguigni è quello di sigaretta.
Il consiglio migliore è quello di non fumare più, anche se al di sotto delle cinque-sei sigarette al giorno il rischio diventa trascurabile.
Perché allora rinunciare del tutto? Perché continuare a fumare, sia pure pochissimo, vuol dire esporsi alla tentazione di concedersi in certi casi qualche sigaretta in più rischiando di tornare a fumare alla grande e quindi pericolosamente.
Infine, lo stress. L’adrenalina è il suo messaggero e il nostro nemico. Per disarmarlo bisogna dare una regolata alla propria vita e soprattutto agli impegni di lavoro, tenendo conto che sovente siamo noi stessi la maggior causa dei nostri stress.
Guai a pretendere di lavorare per due, a prodigarsi senza risparmio, saltando i pasti e magari anche il sonno.
Se il medico ci dice che dobbiamo condurre una vita meno tesa bisogna cominciare a sfoltire l’agenda e quindi ad alleggerire il carico dei propri impegni.
Se non è possibile al meglio, facciamolo almeno in parte.
In quest’ultimo caso l’ancora di salvezza può essere la certezza di un buon sonno notturno, anche perché uno dei possibili sintomi dell’aumento di pressione è proprio un’insonnia strisciante, che a volte è del tutto sporadica, a volte invece incalza e fa soffrire.
Un leggero antiansia prima di coricarsi, in questi casi, può rappresentare l’antidoto decisivo per porre un freno alla tensione emotiva e per spezzare la spirale lungo la quale la pressione può salire in alto e rimanervi stabilmente, facendo calare un’ombra sulla nostra esistenza.
Tratto dalle Guide per la Salute