Omotossicologia – gli sviluppi dell’Omeopatia
L’omotossicologia si sviluppò in Germania negli anni Trenta del secolo scorso grazie alle intuizioni del medico omeopata Hans H. Reckeweg. Alla luce delle nuove conoscenze in campo biochimico e immunologico, Reckeweg reinterpretò le teorie hahnemanniane, identificando nelle “omotossine” la causa principale di malattia.
Iniziò nel 1936 a Baden Baden, fondando la ditta HEEL, che divenne il punto di incontro dei nuovi sistemi di terapia biologica, dove furono gettate le basi di una serie di farmaci antitossici compositi. Il primo saggio di Reckeweg, con le nozioni fondamentali dell’omotossicologia, comparve nel 1952 col titolo: Effetto di vicariazione, omotossine e fasi delle malattie nei tessuti dei tre foglietti blastodermici.
Scopo dell’omotossicologia è liberare l’organismo dai fattori tossici attraverso la detossificazione e il drenaggio, una pratica per cui si stimolano gli organi emuntori (reni, fegato, intestino, polmoni, pelle) per facilitare l’escrezione delle tossine per mantenere lo stato di salute.
Le omotossine possono essere endogene, derivanti dai rifiuti tossici del metabolismo, non drenati ed espulsi dagli organi emuntori o esogene e comprendono batteri, virus, farmaci sintetici, additivi alimentari, coloranti, conservanti, insetticidi, pesticidi. L’organismo lotta contro le omotossine per difendere il suo equilibrio attivando i meccanismi di autoguarigione naturale, ma il tipo di strategia che metterà in atto dipenderà per Reckeweg dalla predisposizione costituzionale e dall’evoluzione diatesica (vedi glossario).
Secondo l’omotossologia, Tutto ciò che è omotossico, viene neutralizzato, espulso, o depositato nel tessuto connettivo.
Sezione a cura di Daria Fago (Naturopata)