Abbiamo già detto che lo yoga è una disciplina che, con l’uso di diversi strumenti, tende ad ottenere la modificazione della consapevolezza di sé nell’individuo. Per gli indiani è molto di più.
“Il termine “yoga”, significa unire, aggiogare e quindi la sua pratica ha lo scopo di realizzare l’unione del corpo e della mente, ma per alcuni si tratta di quell’unione dello spirito individuale dell’uomo con il grande spirito (Ishwara) o con l’Anima suprema dell’Umanità; per raggiungere questo traguardo, è indispensabile una liberazione.” 6
E’ utile chiarire il punto di vista di Patanjali per ciò che riguarda l’ “unione”: il lavoro del Raja Yoga ha come obiettivo di unire le energie in modo che vadano verso la stessa direzione per arrivare al Samadhi..
Patanjali parla di un Dio (Ishvara) come di un supporto meditativo, come un modello da imitare per arrivare alla sua purezza, ma non viene mai citata negli yoga sutra l’unione del sé individuale con il sé universale.
La via dello yoga classico di Patanjali è una via estremamente ascetica, non è come altre forme di yoga, dove si parla della liberazione in vita.
Per Patanjali quando uno è liberato il corpo e la mente finiscono, viene detto in un aforisma che Prakrti ritorna nel suo stato di riassorbimento (avyakta) cioè Immanifesto.
Quindi la liberazione é l’esperienza del Purusa, cioè della pura consapevolezza senza più né corpo né mente.
Quindi per Patanjali il samadhi, e la pratica del samadhi, diventa proprio la via regia per fare questo salto fuori del corpo e della mente.
Sezione a cura di Lucia Giovenali