Oggi che la medicina si va perfezionando, perseguendo non solo scopi curativi ma anche profilattici e preventivi, è sorta una medicina scolastica che si prefigge elevati scopi sociali.
Così gli scolari delle scuole elementari vengono sottoposti a numerosi esami medici, fra cui quello dell’acutezza visiva degli occhi considerati singolarmente.
Questo esame ha permesso di riconoscere molti bambini ambliopici, che ignoravano questo difetto di vista di un occhio e che non erano pertanto stati sottoposti precedentemente ai provvedimenti del caso.
Quando i genitori vengono informati di questa imperfezione del loro bambino, cascano letteralmente dalle nuvole, sorpresi, perché fino ad allora ritenevano che i difetti e le malattie degli occhi dovessero essere accompagnati da segni e sintomi appariscenti come: arrossamento, dolore, particolare sporgenza di uno o di ambo gli occhi, deviazione di un occhio rispetto all’altro, stanchezza e nervosismo e magari rivelazione di qualche difficoltà nel vedere da lontano.
Allora , si rivolgono subito a noi oculisti per chiedere spiegazione del significato di questa parola “ambliopia”, che suona loro misteriosa e di cattivo presagio.
L’ ambliopia rappresenta il notevole deficit visivo di un occhio rispetto all’altro, il quale può avere vista normale o per lo meno correggibile con lenti.
Nell’ ambliopia è caratteristica, salvo un tipo congenito derivante appunto da particolari affezioni congenite, la mancanza di lesioni o di malattie pregresse o presenti, che giustifichino la notevole riduzione di vista, che non trova correzione immediata con le lenti.
È come se un bambino, nascendo con due braccia, si abituasse ad usarne una sola. Le due braccia potrebbero crescere e svilupparsi, come i due occhi, apparentemente uguali, ma nello stringere un oggetto che venisse loro porto, una delle due mani dimostrerebbe minore forza rispetto all’altra.
È chiara l’importanza di questo stato anche da un punto di vista sociale perché, se la mancanza di un occhio o della capacità visiva di un occhio in un soggetto con l’altro occhio normale non costituisce cecità, la perdita accidentale o per malattia dell’occhio normale in uno ambliopico può praticamente trasformare costui in un cieco.
Essere indifferenti al problema dell’ambliopia, cioè ignorare la possibilità di diagnosi precoce e l’adozione dei provvedimenti curativi opportuni e tempestivi, costituisce in certo senso una colpa, come per la Legge è considerata colpa i l non portare soccorso a chi ne ha bisogno.
Mi sembra inutile riportare qui tutte le varie forme di ambliopia, oggetto di numerose classificazioni per i diversi orientamenti degli oculisti, cultori dell’argomento, rispetto all’origine, al modo di svilupparsi o alla risposta ai vari rimedi proposti.
Credo sia rilevante sapere che questa affezione è presente, secondo le statistiche, nella misura dell’1-2% della popolazione mondiale.
Pertanto non si vede perché debbano essere prese in maggiore considerazione malattie come il glaucoma, la cataratta e il distacco di retina, anche quando incidano in percentuale maggiore. Bisogna pensare che esse in genere non sono appannaggio dei bambini e quindi delle nuove forze della futura società.
L’ambliopia può essere all’origine dello strabismo nel tipo concomitante, ma anche la conseguenza di uno strabismo tanto nel tipo concomitante quanto nel paralitico.
U n occhio che vede male rispetto all’altro, può essere deviato, cioè fatto deviare, perché non sia avvertito il disturbo di vedere un determinato oggetto, doppio o confuso. Ma può succedere, per cause non tutte chiare, che un soggetto labile, fisicamente impreparato quale può essere un bambino, sia colpito da una malattia generale magari banale, come apparentemente può sembrare una febbre influenzale.
Se in questo bambino non sono ancora bene sviluppati i centri regolatori dei movimenti coniugati o associati dei due occhi, uno dei due occhi può deviarsi rispetto all’altro e poi conservare il suo stato di strabismo. Basta che la febbre o l’agente infettivo abbia leso uno dei detti centri, uno dei nervi che regolano i movimenti degli occhi o uno dei muscoli oculari. In seguito l’occhio deviato, che non è quello che lavora, fissando l’ambiente in cui vive, diventa ambliopico.
Esistono pertanto ambliopici strabici (prima ambliopici e poi strabici) e strabici ambliopici (prima strabici e poi ambliopici), inoltre ambliopici non strabici e strabici non ambliopici.
Quelli che possono più facilmente sfuggire sono ovviamente gli ambliopici non strabici, spesso scoperti casualmente in esami dai medici scolastici.
La conoscenza di questa affezione dovrebbe essere conosciuta da tutti i genitori che hanno a cuore la salute dei propri figli, perché se è possibile far recuperare molti decimi di vista agli ambliopici all’età di sei anni, si può far recuperare la vista totale, sia pure corretta con lenti, prima di questa età e con maggiori probabilità, anche se i bambini i n genere non sono dotati di pazienza, dote, questa, oggi rara anche nei genitori, che dovrebbero inculcarla nei figli con argomenti persuasivi.
Infatti la cura dell’ ambliopia, che si identifica fino ad un certo punto con la profilassi, richiede in genere da un minimo di 2-3 mesi a 5 mesi per poi talora dover essere ritentata nell’ambito di 2 anni, perché quand’anche l’esito non fosse sufficiente, non si sarebbe perduto più di quanto non si aveva in partenza.
Nei due occhi esistono due zone normalmente corrispondenti, dove le immagini degli oggetti osservati sono perfettamente a fuoco.
In un ambliopico questa zona o non è sviluppata come nell’altro occhio, oppure si è sviluppata male in una parte della retina, che non è quella ideale, e che non è corrispondente all’altra.
Nel primo caso, con l’occlusione totale o parziale dell’occhio buono o con l’atropinizzazione per giorni o mesi di quest’occhio si stimola l’occhio ambliopico a fissare sempre di più, (in quanto l’occhio buono è costretto, con questo trattamento, a non vedere per un certo tempo); nel secondo caso, invece, con cerotti o altri mezzi occlusivi si impedisce all’occhio ambliopico di guardare, perché perda l’abitudine di fissare con il «punto sbagliato».
Quando l’occhio ambliopico ha perso questa brutta abitudine, si cerca, occludendo l’occhio buono e stimolando con speciali apparecchiature l’occhio ambliopico nel punto esatto che deve essere adibito alla fissazione, di dare la buona abitudine di guardare e fissare nel modo naturale e di acquistare diversi decimi di vista in modo da avvicinarsi, se non da raggiungere la capacità visiva dell’altro occhio.
Seguirà poi la speciale rieducazione funzionale per la visione binoculare.
I risultati positivi sono in media del 60%, i semplici miglioramenti sono oltre il 16%: questo nei trattamenti eseguiti prima dei 5 anni; dopo i 5 anni i successi diminuscono sempre di più, infatti a 5 anni c’è già il 20 % di insuccessi.
Per questo sarebbe consigliabile che tutti i bambini fossero visitati da un oculista già in età prescoiare.
II recupero funzionale è generalmente facilitato dall’uso contemporaneo di lenti correttive, e l’acutezza visiva va periodicamente controllata.
I bimbi più svegli possono fare uso di lenti già all’età di 2 anni, se c’è vizio di refrazione. Se molti fossero stati scoperti anisometropi a questa età, cioè con una differente capacità di vedere con i singoli occhi, opportunamente corretti e periodicamente controllati, forse col passare del tempo non sarebbero diventati ambliopici e quindi non avrebbero avuto bisogno di esercizi di pazienza e di costanza per ricuperare la vista progressivamente perduta.
Per i bambini piccoli si prescrivono particolari lenti infrangibili su montatura d’occhiale con stanghette a riccio elastiche che si fissano intorno agli orecchi: così essi non corrono il rischio di perdere gli occhiali o di romperne la montatura.
Concludiamo questo importante capitolo ricordando ancora che, se l’ambliopia non influisce sull’altro occhio come altre malattie oculari, ciò non toglie che avere un occhio solo che funzioni comporta un’inferiore sicurezza nell’avvenire, ed esclude anche a questi soggetti l’espletamento di particolari attività produttive e remunerative per la deficienza della visione binoculare.
Tratto dal libro “Igiene e Malattie degli Occhi” R.J Schillinger e P.Lodi Menestrina – ed.ADV Firenze