La retina è la membrana sensoriale dell’organo della vista, quella dove si formano le immagini, ed è la più profonda delle tre membrane che concentricamente costituiscono il bulbo oculare.
La funzione della retina è quella di ricevere gli stimoli luminosi e di trasmetterli –come impulsi nervosi– ai centri ottici cerebrali, nei quali si ha:
1. Il raddrizzamento dell’immagine che si forma capovolta sulla retina;
2. La fusione centrale delle due immagini che i due occhi comportano;
3. La percezione spaziale, tridimensionale degli oggetti.
Nell’esame della funzione visiva retinica di un occhio distinguiamo la visione centrale – nella quale si misurano il senso luminoso, il senso della forma o acutezza visiva ed il senso cromatico o della percezione dei colori– e la visione periferica, che ci dà una misura del campo visivo dell’occhio.
La retina non può essere esaminata ad occhio nudo, ma solo con l’ausilio di particolari apparecchiature in dotazione dell’oculista.
Essa si esplora attraverso la pupilla, finestra dell’iride, aperta come il diaframma di una macchina fotografica per i raggi luminosi che delimitano le nostre immagini. La pupilla, già assai stretta in condizioni naturali, diviene più stretta di fronte a sorgenti molto luminose; essa è però dilatabile con determinate sostanze farmacologiche ad effetto più o meno rapido e duratura.
L’uso di questi medicamenti, in forma di colliri, ci permette un buon esame (con altri accorgimenti tecnici ed apparecchiatura specialistica) del “”fondo” dell’occhio, cioè della retina.
Le malattie più frequenti ed importanti a carico della retina sono di origine vascolare (per alterazioni dei vasi nutritizi della retina), infiammatoria, degenerativa o traumatica.
Un’affezione molto grave e non rara con modalità di instaurazione non sempre chiara è inoltre il « distacco di retina ». In tutte queste malattie i primi sintomi sono alterazioni delle funzioni prima accennate del foglietto retinico. Il sintomo più comune è la diminuzione dell’acutezza visiva, che a volte si accompagna a limitazioni del campo visivo.
La natura dell’affezione è della massima importanza perché il medico possa stabilire la cura adatta: riposo a letto in caso di « commozione retinica » traumatica (analoga alla ben nota commozione cerebrale); cure per regolarizzare la circolazione del sangue in caso di trombosi o di emorragie retiniche per occlusione o rottura dei vasi (arterie, vene e capillari) della retina; ipotensivi quando la retina risente le conseguenze di una pressione sanguigna generale troppo elevata per lungo tempo o con frequenti sbalzi; cure antidiabetiche quando è il diabete che influisce negativamente sull’opportuna nutrizione del tessuto retinico.
Altre malattie generali, che possono compromettere l’integrità della retina, sono certe affezioni renali, l’aterosclerosi, l’arteriosclerosi e determinate infezioni croniche, quali la tubercolosi e la sifilide.
Il distacco di retina può avvenire in maniera apparentemente spontanea, o per trauma diretto, o per trauma indiretto (che non ha colpito direttamente l’occhio).
Quello apparentemente spontaneo si dice primitivo, in contrapposto a quello secondario e ad altre affezioni del bulbo oculare di una certa gravità.
Il distacco di retina primitivo si verifica frequentemente in occhi miopi, ma può sopravvenire anche in occhi normali. Nel primo caso una debolezza congenita della retina di questi soggetti ne favorisce il distacco.
L’affezione inizia con visione di scintille, di bagliori , poi di macchie nere fisse, un’improvvisa « tenda nera », che riduce il campo visivo e talora è percepita anche ad occhio chiuso. L’acuità visiva può restare inalterata se non è interessata la zona centrale della retina, altrimenti si possono vedere deformazioni delle immagini.
Spesso l’occhio affetto da distacco di retina presenta, rispetto all’occhio sano, iposensibilità congiuntivale se toccato con una bacchettina sulla congiuntiva.
L’oculista conferma o meno la diagnosi con due esami:
1. La valutazione del campo visivo.
2. L’esame del fondo dell’occhio.
Per la cura, la prima norma da attuare è il riposo assoluto a letto; l’oculista stabilirà la posizione della testa, se diritta o volta a destra o a sinistra e se più alta o più bassa dei piedi. L’immobilizzazione precoce favorisce spesso il riaccollamento della retina, o per lo meno la riduzione della zona distaccata, che aumenterebbe facilmente senza tale misura precauzionale, rendendo inutile un successivo intervento.
Nella maggior parte dei casi si rende necessario un intervento chirurgico, per mezzo del quale si determina una specie di saldatura della retina al suo foglietto estemo attorno alla rottura traumatica o spontanea, attraverso la quale del liquido all’interno del bulbo si è insinuato dietro la retina scollandola, distaccandola. Oltre alla saldatura, con diatermocoagulazioni, si favorisce il riaccollamento.
Dopo l’intervento occorre che il paziente stia ancora a lungo a letto in posizione predeterminata, per favorire il decorso cicatriziale e conservare stabilmente il successo.
La prognosi di questa grave affezione oggi è diventata migliore per le possibilità di diagnosi precoce e di cura tempestiva; purtroppo esistono ancora molte persone che sottovalutano i sintomi della malattia su accennati e si fanno esaminare quando le lesioni si sono consolidate e non sono più suscettibili di regressione.
La parte di retina che si è distaccata, in queste condizioni non conserva a lungo la propria vitalità, finisce col degenerare i suoi elementi costitutivi, quindi non si raccomanda mai abbastanza di fare caso alla sintomatologia piuttosto tipica sopra descritta, per iniziare tempestivamente le cure del caso.
Tratto dal libro “Igiene e Malattie degli Occhi” R.J Schillinger e P.Lodi Menestrina – ed.ADV Firenze