La psicologia ha voluto verificare se effettivamente la pratica della meditazione produce sull’organismo quella serie di variazioni fisiologiche che in genere caratterizzano lo stato di rilassamento fisico; queste variabili prese in considerazione sono: minore pressione sanguigna, passaggio nel ritmo cerebrale dalle onde beta alle onda alfa, riduzione dei livelli ormonali di stress (adrenalina, nordrenalina) ecc.
Tuttavia la valutazione basata sulla analisi dei parametri fisiologici non è riuscita a stabilire una netta differenza (quantitativa e qualitativa) tra gli effetti indotti da semplici training di rilassamento (per esempio sessioni di Training Autogeno) e gli effetti della pratica meditativa. Un ulteriore metodo utilizzato in psicologia per cercare di valutare oggettivamente gli effetti della meditazione consiste nella somministrazione di questionari che purtroppo escludono a priori la possibilità di comprendere le esperienze interiori, meramente soggettive, dell’individuo interrogato.
Altri due limiti nelle ricerche scientifiche svolte stilla meditazione consistono nella scelta di praticanti di medio livello, persone comuni insomma, e quasi mai Yogi esperti con elevato grado di consapevolezza e familiarità con la tecnica. Infine ulteriore limite nelle ricerche è il prendere in considerazione solo alcuni tipi di meditazione, in genere quella trascendentale e quella zen nelle quali, indubbiamente, c’è una forre componente legata al rilassamento fisico. Gli studi di psicologia clinica, inoltre, hanno appurato che la meditazione non è accessibile proprio a tutti: per avvalersene in maniera costruttiva è necessario, infatti, possedere un discreto grado di autodisciplina.
L’attività del nostro cervello è data da onde elettriche che viaggiano a diverse frequenze. La frequenza tipica dello stato di veglia, e cioè lo stato di coscienza in cui siamo svegli, consapevoli e impegnati a svolgere una qualche attività, è chiamata beta. Le onde cerebrali sono piccole, brevi, ravvicinare, non ben sincronizzate, attestano che è in corso un’intensa attività psichica: il cervello lavora a una frequenza vibratoria di venti cicli al secondo ed è pronto ad accogliere le informazioni provenienti dall’esterno: le seleziona, le categorizza, le rielabora e le esegue. Grazie al rilassamento, il ritmo dell’attività cerebrale subisce un rallentamento: le onde cerebrali sono adesso più distanziare tra loro, lente e meglio definire: sono le onde alfa, la cui frequenza è di 8-13 cicli ogni secondo.
Pur essendo la coscienza vigile, l’attività senso-motoria è ridotta al minimo: è lo stato che speri- mentiamo nel dormiveglia e al risveglio quando alla soglia della coscienza affiora no per pochi istanti intuizioni e immagini mentali sganciate dalla reale situazione presente. Il rilassamento più profondo fa sì che il cervello lavori al livello theta, e cioè con una frequenza di cinque-sei cicli al secondo. Le onde cerebrali sono decisamente lente e ampie e l’inconscio prende campo. È il livello del sonno profondo e dell’attività onirica.
Ci troviamo in un’altra dimensione nella quale conduciamo un’attività molto intensa svincolata dai limiti spazio-temporali che ci condizionano da “svegli”. Non dimentichiamo che presso i popoli antichi e presso i cosiddetti popoli primitivi, per non parlare, sul versante scientifico e ufficiale, della psicoanalisi, il ruolo del sogno è cruciale, come potente mezzo di terapia e di conoscenza.
Quando il rilassamento è portato al massimo livello il cervello lavora al ritmo delle onde delta, la cui frequenza è di tre-quattro cicli al secondo. L’attività razionale è del tutto sopita mentre l’inconscio si occupa di mantenere le principali attività vitali dell’organismo al minimo. Con le tecniche di meditazione possiamo raggiungere questi diversi livelli di coscienza volontariamente, da soli o sotto la direzione di un maestro. Ogni essere umano nel sonno e nel sogno è in grado di entrare spontaneamente in contatto con dimensioni “altre”, ma, attraverso la meditazione, può stimolare volontariamente e favorire questo contatto.
Gli artisti e alcune persone particolarmente sensibili e predisposte (sensitivi, chiaroveggenti), tuttavia, riescono a entrare in contatto con l’altra dimensione pure durante lo stato di veglia: già Platone nel dialogo forze, affermava che poeti e rapsodi sono mossi nella loro arre dall’ispirazione divina, da una sorta di contatto privilegiato con l’Altro. Di fronte al cammino della meditazione siamo davvero tutti uguali le esperienze precedenti, i titoli di studio, lo status economico e la classe sociale non contano; quello che conta è la concentrazione totale e la liberazione dei contenuti mentali superflui e nocivi per il nostro benessere.
Tratto dal libro “Meditazione” – Key Book