Alcolismo – l’alcool è pericoloso
Nella loro incessante ricerca della felicità, l’uomo e la donna procedono per sentieri incerti. Ingannandosi da soli, molti si creano dei desideri artificiali la cui soddisfazione produce loro un apparente benessere, ma che in realtà li allontana sempre più dalle vere gioie della vita. Queste necessità artificiali e morbose vanno chiamate col loro vero nome: vizi, e non sono altro che intossicazioni.
L’alcool e il nostro corpo
I veleni introdotti turbano le normali reazioni dell’organismo alle aggressioni chimiche, fintantoché ne determinano l’assuefazione. Ciò implica un desiderio o una necessità morbosa del tossico, che costituisce la base della tossicomania. In considerazione di ciò, includeremo tra le tossicomanie non solo l’uso abituale degli stupefacenti, ma anche il tabagismo, l’alcolismo e il caffeinismo.
Alcuni effetti nocivi dell’alcolismo
Quell’addome tanto prominente, in un individuo dal volto tanto esile, richiama l’attenzione. Parlando con l’uomo, scopriamo che per diversi anni ha bevuto ogni giorno quantità variabili di bevande alcoliche. In apparenza, sembra non si sia mai ubriacato, ma il suo organismo rivela gli effetti dell’alcolismo cronico. Beve vino, per lo meno due volte al giorno — a pranzo e a cena — e in altre occasioni sceglie bevande più forti.
L’esame dell’addome rivela la presenza di grande quantità di liquido sparso nel suo interno. L’analisi del sangue mostra serie alterazioni nelle funzioni epatiche; infine, con un’incisione al fegato, si procede a una biopsia che conferma la diagnosi: cirrosi epatica.
L’azione esercitata dall’alcool sul fegato, lo stomaco e il pancreas.
II fegato costituisce il grande laboratorio chimico dell’organismo; qui avviene in gran parte la disintossicazione del sangue. Nel fegato, diverse tossine vengono distrutte o neutralizzate con la successiva eliminazione.
La cellula epatica richiede un’adeguata provvista di vitamine, proteine e zuccheri per far fronte alla sua funzione antitossica.
La persona che ingerisce abitualmente dell’alcool, sottomette il proprio fegato a una costante aggressione tossica, giacché tutto l’alcool che ingerisce è assorbito dalle mucose del tubo digerente e passa attraverso il fegato, prima di diffondersi nell’organismo.
Inoltre, l’alcool turba il nutrimento dell’individuo e ciò non solo perché rende difficile l’assimilazione di alcune vitamine, ma anche perché riduce le proteine e gli zuccheri che sì ingeriscono, per la perversione dell’appetito che si produce negli alcolizzati.
Tutto questo porta a una insufficienza della funzione antitossica del fegato, che è allora danneggiato ogni volta di più dall’alcool. Alla fine, si sviluppa la cirrosi epatica, malattia dalla lenta evoluzione, ma frequentemente fatale.
Avviene così che il fegato si indurisce. La superficie diventa irregolare, le vene sono compresse dal tessuto fibroso e, di conseguenza, resta perturbata la circolazione del sangue nell’organo. Allora la sintesi delle proteine, che normalmente avviene nel fegato, non si compie più nella giusta misura.
Questi motivi, e altri ancora che entrano in gioco, favoriscono la produzione di grandi quantità di liquido nell’addome. Le vene dello stomaco e dell’esofago si dilatano; lo stesso accade alle vene del retto, e come risultato sì formano le emorroidi. Il fegato cessa così di produrre quelle sostanze che intervengono nella coagulazione del sangue e ciò produce emorragie in questi ammalati gravi.
L’alcool ingerito come bevanda produce in primo luogo un’azione caustica e irritante sulla mucosa dello stomaco.
Questa aumenta la produzione di muco e di acido cloridrico e turba perciò la digestione fino a causare gastrite cronica, atrofica o ipertrofica, che è a sua volta causa delle perturbazioni nutritive dell’organismo.
Questo aumento di secrezione acida dello stomaco, prodotto dall’alcool, può favorire la comparsa di ulcera gastrica e duodenale e contribuire all’insuccesso della sua cura, poiché tali lesioni possono diventare croniche.
L’alcool irrita la mucosa del duodeno in cui sbocca il condotto escretore del pancreas e, di conseguenza, ostacola il libero flusso del succo pancreatico.
Per questo meccanismo, associato ad altri fattori, nel suo decorso può verificarsi una grave affezione a volte fatale: la pancreatite acuta. Diverse statistiche indicano che circa il 50 per cento di questi casi hanno origine nell’alcolismo.
Altri effetti nocivi
L’alcool lede le delicate cellule germinali che intervengono nella procreazione.
Causa perciò molti disturbi nervosi e della personalità che costituiscono il quadro tipico di ereditarietà alcolica. Alcune sue manifestazioni sono: ritardo mentale, imbecillità, epilessia e altre malattie mentali.
L’alcool produce la polineurite alcolica che è un’affezione che consiste nella lesione dei nervi che portano gli stimoli motori e sensitivi delle estremità. Il risultato di tale lesione è la perdita della forza muscolare, specialmente alle gambe, con il risultato di una difficile deambulazione e persino di paralisi.
Molte persone credono che una buona sorsata di bevanda alcolica nello stomaco sia il miglior rimedio contro il freddo. Però, ciò che in realtà avviene quando si beve alcool, è la dilatazione dei vasi sanguigni della pelle che produce un aumento transitorio della temperatura cutanea e una sensazione di calore.
La pelle cessa di agire come regolatrice della temperatura del corpo e si trasforma in un gran radiatore che diffonde il calore, cosa che fa scendere la temperatura interna dell’organismo.
La persona che beve alcool a lungo si espone così al freddo e con serio pericolo di raffreddamento. In queste condizioni è facile prendere un raffreddore, un’influenza o persino una polmonite.
L’alcool è un alimento?
S’intende per alimento una sostanza che, quando viene assimilata dall’organismo, contribuisce a formare la sua struttura, prende parte all’accrescimento del corpo e alla riparazione dei tessuti.
Inoltre, con la combustione gli alimenti energetici producono energia che viene sfruttata dal tessuto muscolare per produrre lavoro e movimento.
Un alimento può pure essere immagazzinato nei tessuti per essere usato in caso di necessità.
Con l’alcool non accade niente di tutto questo. Non costruisce tessuti e non può depositarsi in essi; e tanto meno viene sfruttato come fonte di energia dal tessuto muscolare. L’alcool è semplicemente bruciato dalle cellule epatiche che si servono di questo mezzo per eliminarlo dal torrente sanguigno e per disintossicare così l’organismo.
Oggi, è scientificamente provato che l’alcool non è un alimento né può servire come tale. L’alcool è semplicemente un tossico.
L’alcool e la nostra mente
Era il primo turno di notte che il giovane studente di medicina faceva come interno all’ospedale. L’ambulanza aveva appena trasportato un ferito raccolto in stato di ubriachezza.
In una disputa con altri ubriaconi, quest’uomo aveva ricevuto un colpo di bottiglia sulla testa e ora una copiosa emorragia invadeva i suoi capelli disordinati e macchiava i suoi vestiti.
Dopo aver tagliato i capelli intorno alla zona colpita, il giovane studente lavò con acqua ossigenata i bordi della ferita che continuava a sanguinare.
Il medico di guardia, che pure era presente, gli ordinò di effettuare la sutura senza alcuna anestesia.
Con grande sorpresa del giovane, l’ago attraversava il duro cuoio capelluto e i punti si susseguivano uno dopo l’altro sulla ferita senza che il paziente manifestasse il minimo segno di dolore, benché fosse abbastanza sveglio per rispondere alle domande che l’incaricato di polizia gli faceva circa le sue generalità, il domicilio e così via.
Questo primo contatto con la miseria umana, derivante dall’alcool, restò profondamente inciso nella mente del futuro medico. L’evidente insensibilità di quel ferito fissò in lui il concetto basilare circa la farmacologia dell’alcool: la sua azione depressiva sui centri nervosi. Ciò era conosciuto già nell’antichità. Salomone, nei suoi Proverbi, scrisse: « Per chi sono gli “ahi”?… per chi le liti?… per chi le ferite senza ragione? per chi gli occhi rossi? Per chi s’indugia a lungo presso il vino… Dirai: Mi hanno picchiato, e non m’hanno fatto male; mi hanno percosso e non me ne sono accorto!…» (Proverbi 23: 29,30,35).
Alcolismo acuto o ebbrezza
A mano a mano che si ingerisce alcool in dosi sempre maggiori, nello stesso modo si vanno annullando diverse funzioni cerebrali, e si manifestano in seguito i seguenti stati di ubriachezza o di alcolismo acuto.
Primo grado, o di eccitazione. Il bevitore prova una gradevole sensazione di euforia e di benessere. La sua conversazione si fa più amena e ciò lo induce a parlare sempre più e a voce alta. Il suo viso diventa acceso e la respirazione e il battito si fanno accelerati.
Ha perso la timidezza; l’autocritica si smussa e i meccanismi mentali dell’autocontrollo sbandano.
Secondo grado, o di incoordinamento. La depressione raggiunge già il cervello, per cui la deambulazione si fa barcollante.
L’ubriaco si sente più emotivo e cade in crisi ingiustificate di pianto, di riso o di collera. Gli è impossibile coordinare i movimenti necessari per accendere un cerino o abbottonarsi il cappotto.
Però si crede capace di dominare facilmente qualunque avversario.
Terzo grado, o coma alcolico. A mano a mano che aumentano il contenuto alcolico nel sangue, si presenta un quadro di instabilità e di sonnolenza crescenti che, accentuandosi, porta il soggetto alla totale incoscienza o al coma alcolico.
Questo grave stato è caratterizzato da una profonda astenia, vomito, incontinenza di orina e di feci. Il coma alcolico in alcuni casi può rivelarsi fatale.
L’ubriachezza e i traumi cranici
Un quadro comune è quello presentato dall’ubriaco che cade e batte la testa sul selciato, da dove viene raccolto in stato di incoscienza.
Chi lo raccoglie, sentendo un alito decisamente alcolico, attribuisce la sua incoscienza solo alla sua ebbrezza. È facile quindi che lo lasci stare pensando che si sveglierà quando saranno passati i fumi dell’alcool.
E così l’ubriaco rimane disteso dove si trova o viene portato alla centrale di polizia più vicina. Però il risveglio sperato non avviene, persiste un profondo stato di coma con pulsazioni lente e respirazione rantolosa. I
l quadro si aggrava poco dopo: compare febbre alta e infine l’individuo muore. L’autopsia rivelerà contusione cerebrale, ematoma o emorragia meningea con o senza frattura cranica.
Per evitare quanto è stato descritto, bisognerà pensare subito alla possibilità di un serio trauma cranico davanti a un soggetto che viene trovato in stato di incoscienza, benché puzzi fortemente di alcool.
In questi casi si dovrà prestare al paziente un’adeguata attenzione medica che comprenderà radiografia del cranio, controllo delle sue funzioni vitali e della psiche, prima di intervenire con le cure mediche o chirurgiche più adatte.
L’alcool e gli incidenti stradali
Una circostanza che dimostra quanto sia pericoloso l’uso anche moderato di bevande alcoliche è la guida della macchina.
L’alcool, ingerito a piccole dosi, deprime i centri coordinatori del cervello e, di conseguenza, ritarda sensibilmente le normali reazioni del conducente esperto. Quindi, considerando la sua apparente lucidità mentale e la sua abilità al volante, il conducente che ha bevuto dell’alcool impiegherà più tempo del normale a intervenire in una circostanza improvvisa.
Questo è causa costante di numerosi e gravi incidenti stradali.
Un fatto che risulta realmente rischioso per il guidatore che ha bevuto è costituito dai disturbi neuro-muscolari, come il ritardo nelle reazioni psicomotorie, la diminuzione dell’attenzione e la perturbazione dei riflessi con prolungamento del tempo di reazione, che si verificano molto prima della comparsa dei sintomi di ubriachezza; di modo che, né il conducente, né chi lo accompagna si rendono conto del disordine che può provocare una circostanza imprevista in cui viene richiesta pronta decisione e reazione da parte del guidatore.
Decisioni e reazioni rapide però sono impossibili quando nell’organismo vi è dell’alcool, anche in piccole quantità.
Ciò spiega le statistiche di tanti paesi: più del 50 per cento degli incidenti stradali sono causati dall’alcool.
L’alcool è uno stimolante?
S’intende per stimolante una sostanza capace di aumentare o migliorare l’attività del corpo e della mente. Quando vediamo un ubriaco che dorme pesantemente sdraiato sul selciato, non dubitiamo dell’azione deprimente dell’alcool.
Tuttavia, un poco d’alcool, in un primo momento, sembra aumentare l’attività mentale e fisica dell’individuo.
Alcuni che sono timidi e paurosi prima di bere, dopo si sentono capaci di pronunciare lunghi discorsi. Alcuni lavoratori bevono, pensando che in questo modo aumenteranno la loro resistenza contro la fatica.
Ciò che succede, in realtà, è che l’alcool, come altri anestetici quali l’etere e il cloroformio, compiono la loro azione deprimendo i centri superiori del cervello, quei centri incaricati di controllare l’attività di quelli inferiori.
In questo modo i centri inferiori possono liberarsi dei loro freni normali e sfociare in un’attività senza controllo.
Questo stesso fenomeno accade quando si somministra a un paziente un anestetico per dormire, prima di sottoporlo a un’operazione chirurgica; prima del sonno anestetico vi è un momento iniziale di eccitamento. L’alcool è quindi un anestetico.
La sua azione è esclusivamente depressiva sui centri nervosi. Non stimola mai. Annulla solo l’azione dei centri superiori di controllo; agisce togliendo i freni e per questo meccanismo è responsabile di tanti eccessi pericolosi, di tanti errori fatali e di tanti crimini.
Che cos’è l’alcolismo cronico
L’alcolismo cronico è l’insieme di perturbazioni che avvengono nell’organismo per l’ingestione abituale ed eccessiva di bevande alcoliche. L’alcolizzato cronico è quell’individuo che continua a ingerire alcool prima che siano cessati gli effetti della dose precedente.
Il bevitore moderato è, invece, colui che beve ogni giorno una quantità di alcool sufficientemente piccola, in modo che i suoi effetti siano passati prima della prossima ingestione.
Come si vede, la differenza tra questi due tipi di bevitori è solo di grado. Tutti e due si sottomettono ogni giorno agli effetti nocivi dell’alcool; e molti bevitori che si considerano moderati, per il fatto che mai o raramente si ubriacano, sono in realtà alcolizzati cronici perché il loro fegato, il tubo digerente e il sistema nervoso, danneggiati dall’alcool, non sono ancora rimessi completamente dai suoi effetti che già devono sopportare l’azione tossica, irritante e depressiva di una nuova dose.
Il consumo moderato di bevande alcoliche
Esiste un fattore indispensabile per giungere all’alcolismo cronico: l’abitudine di bere alcool con moderazione. Ogni alcolizzato cronico è stato prima, e a volte per anni, un bevitore moderato.
Se in queste circostanze viene sorpreso da diversità economiche o affettive, dal sopraggiungere della pensione o dell’età critica che portano alla diminuzione di altre attività o interessi, che cosa succede?
L’individuo che considerava inoffensiva la sua abitudine di bere bevande alcoliche con moderazione, e che beveva soltanto durante i pasti, e che non eccedeva se non in qualche ricorrenza festiva, comincerà a lasciarsi andare, dapprima insensibilmente, nella strada dell’alcolismo cronico, per giungere al punto in cui si renderà conto della sua impossibilità di smettere di bere.
Cura dell’alcolismo
La lotta dell’uomo contro il vizio è difficile. Con la mente offuscata, la coscienza assopita e la volontà praticamente annichilita, l’alcolizzato è in balìa del proprio vizio, impotente e senza speranza, come il naufrago che si dibatte da solo in un mare agitato. Soltanto l’intervento sapiente e opportuno di una mano amica può aiutarlo a liberarsi del suo vizio.
Esistono varie organizzazioni, alcune a livello mondiale, come l’Associazione Internazionale della Temperanza, che hanno come fine la lotta contro l’alcolismo e che offrono assistenza morale agli alcolizzati che desiderano riportare la vittoria. Molto conosciuta è l’Anonima Alcolizzati, nelle file della quale ex alcolizzati aiutano, accompagnano e stimolano disinteressatamente tutti coloro che desiderano abbandonare il vizio.
Ecco alcuni dei principi basilari dell’Anonima Alcolizzati, usati positivamente nella lotta contro l’alcool.
- L’alcolizzato deve cominciare col riconoscere davanti a se medesimo, con franchezza, la sua impotenza contro il vizio.
- Deve cercare un aiuto superiore, quello di Dio, qualunque sia la sua concezione religiosa.
- La sua forza nella lotta quotidiana aumenterà se si adopererà per porgere aiuto ad altre persone che hanno le sue stesse difficoltà.
Ultimamente, si sono ottenuti dei medicinali che agiscono inibendo il metabolismo intermedio dell’alcool a livello del fegato, e come risultato la sua combustione si ferma allo stato di formaldeide.
Questa è un derivato dell’alcool e causa sintomi molesti all’organismo. Questi medicinali sì
stanno usando con eccellenti risultati, come coadiuvanti nella cura dell’alcolismo.
È preferibile attuare simili trattamenti in ospedali specializzati, in un ambiente moralmente sano, dove il personale sia astemio, e dove il paziente trovi anche tutto l’appoggio spirituale necessario.
Per concludere, menzioneremo l’influsso religioso quale arma di grande efficacia nella lotta dell’uomo contro il vizio, quindi anche contro l’alcolismo.
Lo studio fervente e sincero della Bibbia consola chi è triste, offre speranza all’oppresso e indica una nuova via a chi si è smarrito. L’elevazione che dà non può essere discussa, perché ogni giorno veniamo a conoscenza di persone liberate, di famiglie trasformate, dalle quali il vizio e la miseria sono scomparsi per lasciare il posto alla sobrietà e alla gioia.
I fatti testimoniano della forza della Bibbia.
La prevenzione dell’alcolismo
Consapevoli di tutti i guai che derivano dall’uso delle bevande alcoliche: infermità fisiche, degradazione morale, miseria, tare ereditarie, incidenti, delitti e crimini, tutti dovremmo, a livello individuale, familiare e governativo, condurre una lotta accanita contro l’alcool.
Per questa ragione dobbiamo adoperarci alla sua profilassi come lo facciamo per le malattie epidemiche.